Un aspetto rilevante della sentenza in commento è la legittimità dell’utilizzo, da parte del giudice civile, di prove acquisite in diverso procedimento, nella fattispecie, quello penale, purché queste siano valutate con pienezza di cognizione, come accaduto nel caso riportato in cui la perizia penale forniva elementi chiari e coerenti al fine dell’individuazione di una responsabilità esclusiva in capo al motociclista deceduto.
Il caso: I germani, Tizio e Caio, instauravano un giudizio civile domandando il risarcimento di tutti i danni subiti per la morte del proprio genitore, avvenuta pochi giorni dopo il sinistro in cui restava coinvolto, nella qualità di conducente della propria moto.
Il giudice di primo grado rigettava la domanda per attribuzione di responsabilità esclusiva del sinistro in capo al genitore defunto, decisone fondata sugli “… elementi di fatto riportati nel verbale dei vigili urbani intervenuti subito dopo il sinistro e le deposizioni rese dai testi oculari ai vigilanti e confermate nell’ambito del procedimento penale, oltre che dalle ctu; ritenendo sufficientemente istruita la causa con i documenti prodotti. Da tale attività istruttoria sono emersi elementi di fatto, peraltro non contestati, che delimitano la dinamica del sinistro: verificatosi senza scontro tra i due mezzi (il contatto è avvenuto dopo la caduta della moto condotta dal ### e senza che il ### invadesse la corsia su cui viaggiava la moto in quanto al momento dell’impatto si trovava fermo e con la marcia in folle. La ricostruzione operata dal primo giudice è la seguente: probabilmente nel timore che l’auto del ### invadesse la propria corsia di marcia, il motociclista ha effettuato una brusca frenata in seguito alla quale ha perso il controllo del mezzo ed è caduto, provocandosi così i traumi mortali. …” (cfr. CORTE D’APPELLO DI ROMA, Sentenza n. 6856/2024 del 31-10-2024).
Tizio e Caio proponevano appello avverso la sentenza di rigetto di primo grado lamentando l’errore del primo giudice nell’aver deciso il giudizio esclusivamente sulla base di prove precostituite (nel giudizio penale) formatesi in assenza di contraddittorio e per aver attribuito l’esclusiva responsabilità del sinistro al genitore defunto.
Conclusioni: il giudice del gravame, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Tizio e Caio, avverso la sentenza del Tribunale civile emessa in primo grado, confermava la stessa e rigettava l’appello. Il motivo di appello è stato ritenuto generico ed invero privo di qualsivoglia considerazione sulla complessa ed approfondita attività istruttoria condotta nel procedimento penale e trasfusa nel giudizio civile di primo grado che, con indizi molteplici e concordanti suffraganti elementi di fatto, ha costituito la base del procedimento logico motivazionale della sentenza impugnata.
Gli appellanti, infatti, non fornivano alcun elemento che potesse validamente contrastare la ricostruzione della dinamica incentrando altresì le proprie doglianze sull’asserita assenza di limiti di velocità sul tratto di strada percorso dalla moto -contrariamente a quanto affermato dalla sentenza e dalle perizie in atti e sulla percentuale di corsia che l’auto avrebbe invaso, sporgendosi dall’area di servizio, per ispezionare la strada prima di effettuare la manovra di svolta. Tali circostanze, fanno ritenere – come correttamente ha fatto il primo giudice che, se al momento della percezione del rischio il genitore defunto avesse marciato alla velocità più ridotta di 50 Kmh (come indicato dai limiti indicati, ma anche, si aggiunge, come suggerito dalla oggettiva situazione dei luoghi –rettilineo con presenza di intersezioni e di un semaforo-), certamente avrebbe evitato la concatenazione tragica di eventi di cui è rimasto vittima; infatti avrebbe potuto valutare l’esatta intenzione del conducente dell’auto che, nonostante avesse invaso parte della corsia, si era arrestato lasciando spazio sufficiente per il passaggio della moto. Tale ricostruzione è confermata dai testimoni e si ritrova anche nella prospettazione di parte appellante (infatti, dalla descrizione della dinamica del sinistro emerge chiaramente che a seguito della frenata, il ### ha perso il controllo del motociclo, il quale si separava dallo stesso ed andava ad urtare violentemente con l’automobile del ###.
Circostanze che in ogni caso non contrastano la ricostruzione fattuale ma risultano tendenti ad incidere sul legame causale tra il sinistro e la condotta dei due protagonisti.
In virtù di quanto suesposto, il giudice del gravame, condannava in solido gli appellanti Tizio e Caio al pagamento, nei confronti della compagnia assicurativa appellata, delle spese del giudizio otre accessori di legge e tariffa.
di Avv. Maria Stella Pagnotta – Associate presso Legalade STA A.R.L.