A seguito della denuncia di un sinistro stradale, il danneggiato deve offrire alla Compagnia di assicurazione elementi da cui emerga la responsabilità del danneggiante al fine di vedersi risarcito il danno subito.
Ci si chiede, quindi, se il modulo CID a doppia firma sia sufficiente a dimostrare la colpa del conducente del mezzo che ha provocato l’evento. Sul punto, il Codice delle Assicurazioni – al comma 2 dell’art. 143 – stabilisce che quando il modulo CID è a doppia firma “si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso”.
Tale disposizione, tuttavia, non deve trarre in inganno. La portata di detta norma è stata, infatti, oggetto di interpretazioni giurisprudenziali e la Corte di Legittimità è oggi pacifica nel ritenere che, per essere opponibile all’assicuratore, la confessione di cui al modulo CID a doppia firma deve essere resa dal responsabile del danno che sia anche proprietario del veicolo assicurato, caso questo di litisconsorzio necessario. Qualora invece il conducente non sia anche proprietario – e sia quindi mero litisconsorte facoltativo -, la sua dichiarazione non fa stato nei confronti dell’assicuratore (Cass. Sez. Unite n. 10311/2006; Cass. n. 8214/2013; Cass. n. 3875/2014).
Affinché possa essere preso in considerazione dalla Compagnia assicurativa, il modulo CID deve quantomeno essere firmato anche dal proprietario del veicolo assicurato. Anche laddove tale documento sia sottoscritto dall’effettivo responsabile civile, tuttavia, il modulo CID non ha mai valore di piena prova ma può sempre essere liberamente apprezzato dal Giudice. In tal caso, trova infatti applicazione la norma di cui all’art. 2733, co. 3, c.c., secondo la quale – in caso di litisconsorzio necessario – la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice (ex multis cfr. Cass. n. 20352/2010).
Ciò non esclude, tuttavia, che in determinati casi il modulo CID a doppia firma non abbia valenza alcuna. Come chiarito dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione nella sentenza n. 10311/2006, “il modulo CID genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell’assicuratore, e come tale superabile con prova contraria”.
E tale orientamento è ben consolidato. Di recente, la Suprema Corte è tornata a esprimersi sul tema specificando che: “ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo CID deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio” (Cass., ordinanza n. 2348/2024).
Qualora l’assicurazione riesca, per esempio, a dimostrare che i danni o lo stato dei luoghi sono incompatibili con la dinamica del sinistro così come emerge nel CID, questo documento nulla prova. Data la non assolutezza del modulo CID a doppia firma, se ne deduce come tale documento non sia – da solo – sufficiente a provare la responsabilità del conducente del mezzo danneggiante, ai fini di vedersi risarcito il danno da parte dell’impresa assicurativa.
Di Camilla Lazzaroni – Associate presso Legalade S.T.A. a.r.l.